segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

 

Trascrizione di Mirto Sardo

[con aggiunta delle date esatte tra parentesi quadre]

 

[segue 1797]

 

 

 

Primo [novembre 1797]

Sempre si parla della nostra cessione agli Austriaci. I patriotti stessi più non trovano di che lusingarsi. Con tutto ciò sperano sulla segretezza in cui tengono gli articoli della pace.

Si dice che a Venezia, partiti Dandolo, e Giuliani etc. lo spirito democratico si va esalando insensibilmente. La terraferma parte è felice, parte è contrita. I patrioti stessi esagerano per passione il governo austriaco che prima aborrivano.

A Venezia sulla gulia [guglia] funeraria del generale Hoche posero questa iscrizione per contrappornelo a Bonaparte: nacque povero, fu soldato, divenne generale, morì povero.

Ancor quì si ha fatto improvvisamente gli onori militari a Hoche con molti sbarri.

Le requisizioni sono le solite. Vengono ordinati 500 abiti, e non si finisce mai. Oh felicità di nuova specie in questo secolo corrotto dai vizi, dall’interesse, e dall’amor proprio. Ne fa prova l’inabilità della gente e l’impudenza di rubare evidentemente alla nazione.

Lorenzoni l’uomo per eccellenza che non ha trovata fino a questo momento persona che a suo credere l’eguagli, trovandosi al Comitato Finanze come illuminato e filantropo, asserisce in questo repentino cangiamento di cose di non poter sopportar quel grave incarico senza lasciarvi la vita, e però ha nominati due aggiunti ex-nobili che prima erano com’è dovere chiamati aristocratici perché abilissimi e furono accettati.

La Commissione pure d’Arzignano fu dichiarata benemerita della patria.

Si dice che a Verona il generale austriaco Chathel faccia la linea di demarcazione della Cisalpina.

I nostri Ussari sono ancora incerti di militare o no.

I Bresciani continuano inquietamente a dimorar quì.

Tutto è sul piede di prima, ma le voci di cessione continuano, e molti Francesi partono, e gli altri dicono di presto partire.

Noi siamo la scacchiera sulla quale si gravita senza discrezione, e senza nemmen la compiacenza di vederne fissato il termine.

 

2 [novembre 1797]

Oggi parto per Parma [Ottavia si reca a Parma per visitare i figli. N.d. r.] sperando al mio ritorno di vedere deciferata la cosa. Sono sett’anni che la mente è agitata dalle vicende della rivoluzione; e 17 mesi che l’ex-Stato Veneto presenta un quadro di rovine, e di cambiamenti non insoliti nella storia, ma però abbastanza rimarcabile per continuare nella categoria delle vicende umane una descrizione compassionevole.

Facendo la strada di Verona, attesi gli accampamenti, si vede una vera distruzione e gran spianate. L’ingresso nella città di Verona diventa un punto di considerazione, danni sommi per i cannonamenti, particolarmente sul Corso, dove si vede case abbrucciate, e quasi tutte danneggiate: lo squallor immenso degli in addietro allegri abitanti, la multiplicità delle truppe e il movimento dei così detti patriotti formano un quadro di cui non si ha idea.

A Vicenza si ha sofferto i sommi danni inseparabili di una guerra continuata 18 mesi, e del mantenimento di un’armata necessitosa, imperante, e vorace, ma non abbiamo sofferto le traversie interne d’una sollevazione, e altri momenti terribili della disgraziata Verona.

Oltre a questo, l’indole di quegli abitanti s’è spiegata con odj particolari in modo che essi calcolano i mali interni superiori agli esterni lo ché non è un’espressione indifferente.

 

3 [novembre 1797]

Si ritrovano in Verona li due commissarj austriaci che fanno la demarcazione dei confini della Cisalpina, in capite de’ quali v’è il generale Chatler, che fu quello di cui si servì l’imperatore per il partaggio [francesismo: spartizione] della Polonia.

4 [novembre 1797]

Questa sera in Verona il generale Brune annunciò in teatro ad alta voce la pace in questi termini: Citoyen militares, je vous annonce que la paix été rectifié par le Directoire.

 

5 [novembre 1797]

Abbiamo lasciato Verona nel dubbio della precisione degli Articoli della pace colla preventiva amarezza della separazione del proprio territorio, enumerando le sue disgrazie. Molto fermento e accelerazione nei patriotti per maneggi e profitti. Gran società patriotica, e gran timore per l’ultimo periodo del scioglimento della scena.

Siamo adunque partiti per Mantova accompagnati da molta artiglieria e truppa di linea Bresciana. Mantova sospettava il suo fatal destino, ma ancora non voleva crederlo, si vedeva perciò un’inquietudine generale. V’era all’albergo Canossa un gran pranzo patriotico che colla banda Francese dimostrava una clamorosa, ma parziale esultanza. Verona, e Mantova non soffrono che degli oggetti compassionevoli, e delle descrizioni commoventi, in modo che non è lecito in esse di raccontare le proprie disgrazie che per verità in tutti i rapporti son molto minori. Il generale Miollis comincia di già a cambiare il tono moderato col terrorista. Rimangono ancora alcune carozze, e i titoli. Gli Ussari di nuovo conio si devono allestire per passar a Milano. Molti signori sono in villa.

 

6 [novembre 1797]

Siamo partiti da Mantova, trovando sparso per i villaggi degli eleganti alberi di libertà. Si fermammo a Casalmaggiore dove trovammo molta tristezza. Conoscendoci per Veneziani quel portiere sig. Giuseppe Mortara ci presentò il foglio di Milano giunto in quella notte dove finalmente leggemmo in stampa la gran notizia degli Articoli della pace e per conseguenza la cessione dell’ex-Stato Veneto.

 

7 [novembre 1797]

Parma presenta il quadro della tranquillità; regna però molta sospensione per la sua critica località. Ottimo principe. Paese esausto per il passaggio e provvedimento alle truppe Francesi, e in questi giorni per la domanda d’imprestito alla Cisalpina di due millioni. Trovammo alla Scuola di Pittura le persone piangenti per la perdita del quadro di San Girolamo del Coreggio (o sia il giorno) e venti altri pezzi per cui resta arenata la continuazione del studio.

 

12 [novembre 1797]

La mattina fummo a Corte, ma pria si seppe l’invasione dell’oltre Pò fatta dai Cisalpini al Duca di Parma, ad onta delle più buone relazioni fra li tre Stati. Si spedì corrieri a Bonaparte, e in Spagna. Vidi molta agitazione e poca speranza d’un buon esito.

 

13 [novembre 1797]

Ripassammo per Casalmaggiore paese rovinato nel suo commercio e molto malcontento della sua destinazione. V’è la division sedentaria di Miollis, ed altra truppa di passaggio. Le rovine intorno a Mantova sono incalcolabili: case atterrate, città vulnerata da mille mal passati e presenti. Si progetta di far in Cisalpina 5 fortezze. Per me credo che le cose cangeranno, mentre esaurindo tutto non si potrà più vivere. Oltrecché l’incertezza angustiante in ogni conto forma un martirio insopportabile

Le scelte municipali se seguono come al presente, tutto andrà alla diavola.

 

15 [novembre 1797]

Nel partire da Mantova trovammo da Villafranca sino a Verona la Legion Lombarda con artiglieria e con gran carriaggi. Verona desolata per la sua ripartizione di territorio più della metà tutto Cisalpino.

 

16 [novembre 1797]

Molto movimento nella truppa in Verona. Fissata la partenza dello Stato Maggiore della division Augerau comandata dal generale Brune con molta truppa che passerà a Peschiera, e vociferazione che subentrerà al comando il generale Victor. Il generale Brune disse che fra 7 settimane entreranno i Tedeschi; ma tutti lo credono prima.

I patriotti sono sbalorditi. Il centrale accumula denari per i proprj e altrui bisogni. Molte partenze indicate dei più furenti democratici. La società patriotica terminata in questa sera, perché nell’aprirsi niuno dimandò la parola, e richiamati dal presidente risposero: Già è tempo perso... Furono licenziati gli Usseri con timore però per l’abito, e il cavallo. Abiti verdi ripposti, rinascimento di titoli. Infine un momento unico di cambiamento di scena che non lascia luogo a descrizioni. Tanto il singolare, e il comico sono amalgamenti.

 

17 [novembre 1797]

Partiti per Vicenza, trovammo porzione della division Massena, che andava a Verona, tutta bella gente e sibaritica uffizialità, piena di legni, bauli, e spoglie nostre. Siamo giunti a Montebello dove convenne passar la notte per mancanza di cavalli, essendo il villaggio pieno di Francesi.

 

18 [novembre 1797]

Partiti per Vicenza trovammo la division Victor con eleganti ed abbondanti equipaggi che andava a Verona, e un distaccamento di Joubert che passava a Valdagno. Arrivati a Vicenza trovammo tutto nello stato di prima detratto del movimento delle truppe. Chi crede che i Tedeschi arrivano presto, chi no. Si gettò il 4 per % su tutti i possidenti senza scale. Uno disse scherzando: siamo finalmente passati dal 50 per % fino al 4. Vi fu molte ciarle energiche nei nostri Ussari, ma i generali li hanno lasciati in libertà fino a nuovo ordine. Venne aperta per convulsione Milana e Bissari la società patriotica, ma dopo due giorni fu chiusa.

A Schio si schiantò l’albero della libertà, affare che costò un migliaio di zecchini a quei mercanti e se li godette Monier con gran formalità.

Si teme che ciò possa farsi ancor qui, perciò il centrale invigila anche perché si crede un stratagema francese per mangiarci in ogni guisa. Molti patriotti dicono di partire, e fanno bene di portar il loro malgenio altrove. È venuta molta artiglieria da Cittadella ma il tempo non gli permette di proseguire il viaggio. Siamo nel critico momento del scioglimento, e speriamo che tutto debba seguire con tranquillità, e meno danno possibile. Alcuni patriotti sparlano assai, ma vengono corretti, ora terroriscono in altra guisa, sempre però non danno né ricevono pace. In pieno il paese è buono e sembra che i Francesi cercano almeno di terminar le cose con del riflesso.

 

21 [novembre 1797]

Gran confusione per il passaggio delle truppe francesi, che al solito s’incrocciano, e vogliono farci provare sino all’ultimo istante l’amaro dell’esaurimento e della incertezza. Gli alloggi preparati non bastano, e le chiese sul momento si vogliono aperte non dal bisogno, ma dal capriccio, ed alle private vendette. Le case dei particolari sono bersagliate con la maggior sproporzione. I Tedeschi ogni giorno sono per entrare a momenti, ma mai si sa nulla di preciso. Alcuni Francesi tengono dei discorsi incendiarj, o denotanti tutta la mala fede politica; alcuni altri moderati questionano con alcune delle nostre teste riscaldate, e queste ne riportano degl’insulti, e perfino delle percosse, stante il loro furore per il così detto tradimento francese. Oh che comedie! L’uomo onesto desidera di core il felice scioglimento di tante miserie e calamità, e non spera nell’avvenire che il ritorno di quella bramata calma e principj, che possono soli formar la base della felicità delle nazioni.

Asserindo che il governo abbisogna d’istantanei soccorsi della nazione di denaro venne risposto: dategli un emetico.

Un gentiluomo veneziano vedendo un barcajolo gli disse: addio cittadino provvisorio. Questo subito soggiunse: schiavo suddito per sempre.

Si passa il tempo ad osservar la catena degli avvenimenti, il di cui andamento sembra un sogno. Si spera tutto nell’avvenire; si è sospesi sopra il governo che ci circonda; si vede e si prova la miseria universale; si rimarca l’indole e il carattere dei proprj cittadini, che si scopre spiegato in tutti i sensi, l’errore, la follia, l’orgasmo, l’inabilità, la ridicolagine, lo squallore del delitto, e la timidezza dell’innocenza. Il nobile orgoglio d’un’anima schietta, e scevra da passioni fa adorare la sua tranquillità, come ancora il bel quadro che presenta il nostro buon popolo, egualmente del contado, che non s’è mai lasciato sedurre, dalla prospettiva lusinghiera, che in mezzo agli orrori si aveva il coraggio di loro offrire, da delle anime inzuppate di fiele, o invase da delle chimere adattate alla loro sregolata fantasia e poco buon senso. Il solo andamento delle cose doveva illuminarli, ma essi si facevano gioco del buonsenso universale che volevano anche a fuoco e fiamma in ogni conto distruggere. Non credo che si possa a pieno descrivere il modo con cui si voleva esaltare un governo che doveva produrre la felicità dell’universo da della gente totalmente immorale, senza principj, con tutta la confusione, e l’ingiustizia possibile: declamando contro la persecuzione, e voracità dei passati governi, nel mentre che portava il dispotismo della sua democrazia, con tutti i caratteri più odiosi e insopportabili: che distruggeva radicalmente tutte le rissorse della nazione, profittandone i suoi rappresentanti apertamente dando l’esempio del più sciocco ed infallibile orgoglio, perseguitando tutti gl’innocenti, applaudindo ed esaltando i più malvaggi, e facendo vanto di una energia che distruggeva l’universo. Se tale dovesse sistemarsi la predicata rigenerazione, si può asserire ch’essa è veramente la foriera della fine del mondo, e non so che solo compiangere amaramente quei popoli infelici che hanno da subir un così ferreo giogo. Voglio attribuir molto alla anarchia delle circostanze, e al nascimento d’una republica, ma insisterò sempre che un governo senza religione non potrà sussistere, e che sin che non si avrà dei principj solidi, e che non si farà delle buone scielte, e non si incoraggirà i buoni, si passerà da un flagello in l’altro, senza speranza di ottener giammai un giorno sereno per il galantuomo. Possa una tal scena d’orrore cambiarsi per il bene dell’umanità.

 

22 [novembre 1797]

Oggi abbiamo 18 mille Francesi parte venuti da Verona, parte da Padova. Gran andarivieni incomprensibile. Si dice che vengano alterate tutte le divisioni per timore che formino dei partiti.. I soldati si lagnano della mancanza alla promessa a loro fatta di ritornar in Francia, del lusso degli ufficiali, della propria miseria, e rifiuto di paga, mentre per verità il vero eroe dell’armata francese è il soldato semplice, atteso ch’egli è buono, ragionevole, paziente, attivo, perspicace, e valorosissimo. Si vuole anche che temino d’imbarcarsi, mentre il loro elemento è la guerra terrestre, e molto s’inquietano dell’esito della loro lotta cogl’Inglesi. Ma gli ufficiali che lo sono più per lo spirito di partito, che per bravura invigilano sin sopra le loro parole. Frattanto quì non si crede l’ingresso dei Tedeschi che dopo lo stabilito Congresso di Rastadt, dopo il quale si darà esecuzione a tutti gli articoli del Trattato di pace.

I nostri patriotti avviliti cercano chi d’expatriare, e questi per il bene comune saranno pochi; chi di non ritrovarsi al cambiamento di scena e chi fa delle confessioni generali del loro orrore. Ma la perfidia troppo sviluppata non comporta gran credenza, contuttociò molto giova a terminar con tranquilità quest’ultimo periodo di novità.

 

23 [novembre 1797]

Oggi finalmente il general Beillard fece chiamar i nostri giovani Ussari, e li licenziò con buona forma, e loro lesse il decreto del Direttorio Cisalpino, che invitava a quella Republica tutti gl’individui che volevano servire. Ma tutti questi giovani tacquero unanimemente, e dimostrarono indi di voler restare alle proprie famiglie, e ciò successe anche in quelli in cui sembrava deciso il patriotismo, ma anzi questi si mostrarono più irritati e sospettosi di perder abito e cavalli, essendo passati a quel sommo grado di diffidenza, proprio della fiducia delusa.

Noi siamo fortunati a paragone di tutti gli altri paesi rivoluzionati per la disinteressata condotta di Joubert, Beillard, etc. di cui tutto il paese ne fa giustizia. In fatto si è restituito il soldo imprestato non vi è stata gran brighe di privati avvantaggi, e ci costò più Augerau in un sol giorno, che le domande estemporanee dell’armata di Joubert in varj mesi.

Il centrale s’occupa a provveder la cassa nazionale di denaro coll’intavolato 4 per cento; oltre questo mostra di fare rigoroso processo agli amministratori delle provvisioni militari, di cui le depredazioni son grandi. Alcuni di questi degni impiegati pensano di restituire alla madre patria 24 mille lire, e un sacco di argenteria, che l’ardor del loro affetto aveva piuttosto resi desiderosi di arricchir sé stessi, che di giovarle. Ma spaventati da alcune misure, che credo solo prese per acquietar i discorsi, essendovi troppe persone interessate, cercano di esimersi possibilmente alle procedure, quantunque condannati dal giudizio universale.

Vi sono alcuni che non han pagato l’imprestito forzato. Gridano, ma non pagano.

La furia dei soldati di tutte le divisioni che vanno a rifonder le brigate, riempie questo infelice paese, e i suoi abitanti di eccidio, e di noja. Sembra questa una guerra, e una rivoluzione che non debba mai aver termine né confine.

La rivoluzione succeduta in Italia si potrebbe spiegare in molti volumi per la complicazione delle cose, ma in fondo si ha esatto che il servitore divenisse il padrone, acciò che contenta la di lui vanità di opprimere chi era al disopra di lui, spargesse ai Francesi tutti i tesori, potesse formar l’edifizio della propria fortuna, con le quali passioni unite alla sua totale imperizia negli affari potessero gli addottrinatori prevalersi a loro piacere d’ogni cosa, come fecero decisamente, e quasi radicalmente.

Il Stecchini e il Polfranceschi intanto godono il bel Parigi, e si ridono del Congresso di Bassano e quasi del suo esito. Il primo conoscente d’un centrale, e costretto da questo come di dovere di notiziare ogni cosa, e non potendo il Stecchini farlo forse apertamente scrisse una lettera affatto indifferente e pose sulla mansione al Fracanzani al nobile signor conte, e in tal guisa con molto sbalordimento si seppe dal centrale il nostro cangiamento. Gran comedie rese però tragiche dalla più inaudita perfidia. Massena volle esigere sfrontatamente da Padova sù una carta sottoscritta da quel centrale della buona disciplina e ottima condotta della sua truppa, ma fecero tutti tante ruberie che gliela negarono. Quella provincia divenne quasi esausta in tutti i sensi mercé quel generale. Noi possiamo sin adesso lodarsi assai del nostro Joubert. Ma siamo destinati a tremar sino all’ultimo momento.

 

24 [novembre 1797]

Fece partenza una brigata di Massena per Verona, ma l’anderivieni è continuo, ne viene da Padova, da Bassano, ce ne regurgita da Verona, e ne va e viene continuamente; si vuole da molti ch’essi sieno sempre i medesimi, certo v’è una gran confusione. Si teme sempre dei fuochi e molto spesso se ne accendono, sanno però essi estinguerli con gran avvedutezze, ma ciò non lascia di farci sempre vivere in timore di ogni cosa.

Vi è ancora nella nostra ospitalità la somma pena che molti Francesi dicono di aver o valiggie, o effetti e sostengono che i padroni delle case ne sieno manutentori. Sicché sul loro detto anche falso succede delle combustioni familiari, e casi dispiacentissimi.

A San Lorenzo i soldati fecero orrori, sembrava che la chiesa ardesse dai gran fuochi, fracassarono tutto, e apersero le sepolture per togliere indegnamente effetti etc.

In una caneva sulle piazze s’accese fuoco, si suonò campana martello molto tempo nella notte, minacciò assai, ma il Francese a cui nacque l’accidente lo seppe estinguere, essendo essa a volto con delle schiavine inzuppate nell’acqua.

Abbiamo da 6 mesi un Tesoriere e ieri ne avevamo quattro. Quello di Padova è partito per Verona con gran denaro.

Si vocifera che i Tedeschi siano vicini a Venezia e che perciò venga inibito la veduta superiore del campanile di San Marco. A queste parti non sembra che ciò debba succeder presto. Non se ne parla però come se la cosa non fosse interessantissima, per timore e del governo e dei Francesi.

La requisizione dei fieni fatta anche senza prevvidenza e giustizia ridurranno questa provincia a un rovinoso eccidio, tantoppiù che questo deve esser necessario anche per le vegnenti truppe. Ma questi son piccioli affari e oggetti per i nostri avidi e disperati legislatori.

Sembra che tutto combini a distruggere, e si calcoli le risorse come disgrazie. Tale è il linguaggio, quantunque adesso quasi spirante degli avocati della rovina.

A Dio piaccia di veder terminato un governo, e un sistema, che se non cangia di massime, e di soggetti tende in ogni senso all’annientamento. Come le belle chimere si hanno vedute in fatto realizzate!

 

25 [novembre 1797]

Oggi non è venuta truppa dal Friuli e il paese si augurerebbe che almeno questa continuasse per contare in pochi giorni la liberazione di un tal peso, mentre non se ne può più.

Domani si aspetta 5 mille uomini di Baraguy d’Hilliers; e venerdì si crede che partano i nostri di Joubert.

Rimangono altre due divisioni Bernadotte, Dalmas, Serurier, e altri non pochi residui come il solito Il tempo cattivo li porta per qui.

I patriotti sono disperati, e il popolo sovrano è di già stanco ed annoiato dal nome stesso d’una libertà data in tal guisa dai liberatori, e dagli esecutori.

Andrebbe bene che il perfido sentisse il peso delle cose, e non fosse il solo galantuomo a soffrire. Adesso ognuno conta la propria storia; e gli avvenimenti hanno resi alla ragione tutti quelli il dicui fondo non è pessimo e incorrigibile. Resta da vedere adesso se i democratici eseguiranno per loro stessi le ottime massime che esigevano dal mondo intero con tanta violenza ed energia. Ma questa pietra di paragone sarà certamente eguale alla loro passata condotta. Oh che quadro umiliante ha offerto la società in pochi mesi! possa una tal riflessione servire di norma, onde servirsene utilmente, e negligerne le cattive conseguenze.

Molti sperano nel Congresso di Rastadt, e su di un’improvvisa pace coll’Inghilterra. Ma la pace coll’imperatore sembra stabilita bene. Con tutto ciò i tempi presenti insegnano a non fidarsi di nulla. Il destino sembra pronunziato di far tremar sempre, e i cattivi proclamano questa indicazione.

 

26 [novembre 1797]

Si spera che molta truppa vadi sfilando per Este; quì si è sempre coll’aspettativa di arrivo. Le strade sono però sempre affollate di soldati e si segue a ritirarsi sulla sera per il pericolo dei tabarri etc.

Il governo seguita ad agire con quell’adaggio proprio della vicina distruzion sua, l’angustia è grande, e si arbitra ancora, ma per poco. Oh che cangiamenti! grandi per tutti, ma immensi per certuni.

Quì non si discorre che di truppe, di rubamenti, di requisizioni, di sorpresa sempre maggiore del nostro destino, di veder sempre prolungata la sua esecuzione. Di patriotti scellerati e ridicoli, di amministrazione sempre diffettiva e ingiusta. Infine la scena, è variata, ma sempre eguale in sostanza. Oggi parto per la campagna ad aspettar il momento del scioglimento di così lungo e terribile avvenimento.

 

 

 

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11 [dicembre 1797]

Ritornata in città non trovo che il solito andamento di cose. Tutti dicono che i Francesi partono, ma questo felice momento non arriva mai. Tutte le risorse pubbliche sono esauste, però si è stabilita una Commissione Aristocratica al dir di una volta per rinvenir denaro, e non farsi in oggi più odiosi. Si fa processo agli amministratori sommamente democratici, i quali inghiottirono assai coll’esaltar il bel sistema. Ma questi si appigliano al generale Beillard per assistenza. Vedremo il solito esito dei birbanti, ch’è di perder la riputazione che nulla calcolano e di goderne i frutti a spese del prudente galantuomo.

Si vocifera che i Tedeschi fanno i loro quartieri d’inverno, che l’imperatore abbia ordinato a Venezia un millione di ducati per suo conto approntati per il giorno 15, e che Berthier dopo di aver portate le ratifiche della pace a Rastadt sia incamminato a prender le sue truppe, e cedere queste piazze.

Intanto noi siamo pieni zeppi di Francesi. Non si parla che di ladri, e di birbanti. Ognuno racconta la propria storia che in fondo è simile a tutte le altre, non v’è che dilapidamenti, violenze e ingiustizie, e ogni discorso finisce in barzelette, per lasciar luogo agli altri, e formar un dialogo luttuoso e comico all’ultimo eccesso. Non è descrivibile il danno universale, l’andamento delle cose, delle truppe, della società, e persino degli elementi, tanto tutto ha collimato a precipitar la patria e distruggere il buon senso. Come poi debba chiudersi l’ultimo atto, si vive sperando come il solito, ma niuno può prevvederlo.

Un giorno i Cispadani furono a rubare a Monteviale. Luigi Muzzan fattosi un vestito alla Cispadana si pavoneggiava al Caffè del Castello dicendo: son Cispadan, son Cispadan; vedutolo il Pizzetta gli disse: ben venuto da Monteviale.

Carlo Basso diceasi generalmente che avesse in sua casa dell’argenteria delle chiese, essendosi egli trovato al tempo di quella requisizione nella Prima Municipalità. Passando Carlo Pizzetta dalla sua casa con degli amici cominciò a far orazioni, e voleva inginocchiarsi. Vedutolo i compagni lo ricercarono perché faceva questo; eh non vedete forse voi altri che qui si ritrova la Santa casa di Loreto? non vedete il suo corredo? quante lampade, croci, e candelieri.

Un furioso democratico, ossia di quelli che vorrebbero arricchire colla democrazia chiamato Giacomo Breganze che voleva vedere per fratellanza Orazio Porto colla sportella a far la sua provvisione in piazza. Ingannato ne’ suoi calcoli per la dichiarazione dell’articolo VI della pace arrabbiava, e diceva di voler vendere i suoi beni e trasportarne l’equivalente nella Cisalpina. Carlo Pizzetta si offerì di comprarli dicendo: Vi dò per essi un Sacchetto di cinque ducati, aspettando indietro il di più quando sarete in grado di darlo.

Soleva dire il Pizzetta nel tempo della nostra piena democrazia: il Leone allungava le zampe, ma si sapeva almeno sin dove arrivavano. Adesso non si sa più nulla.

Angiolo Bissari disse della sua famiglia: La mia casa è sempre grande. Prima della rivoluzione Croci di Malta e viaggi: venuta la rivoluzione cariche e distinzioni: finita questa ritornano le Croci e i viaggi.

A Venezia si canta pubblicamente: Carlo, Carlo vieni presto, se no i Galli magna il resto.

C’è poi una satira di una manza in cui fra le corna c’è Bonaparte, i suoi generali alle mamme, di cui l’imperatore dice: o grassa o magra sarai mia.

Si dice terminato il Congresso di Rastadt.

I nostri ladri amministrativi reclamano la protezione di Beillard per l’ordine di esser stati carcerati, e alcuni posti in stato d’accusa prima d’esser dichiarati rei; e i Francesi che nulla si sono interposti per alcuni che si son fatti fucilare, anzi ne hanno fatta la festa, s’interpongono per danaro in questi più già in materia d’ordine che di merito, ma l’affare finirà a favore della birbanteria. Il supponer poi che la perdita della riputazione sia un castigo per tali persone, sarebbe loro fare troppo onore.

Plinio è passato al servizio francese del commissario Haller.

Ier sera sono arrivati i Cisalpini ed era prima un corpo di 1000 uomini, ma per la diserzione veramente Italica di questo secolo di 700 uomini, non ne abbiamo rinfrescato che 300.

L’imperatore con una lotteria ricerca un imprestito volontario di 12 millioni. La cosa è un poco descritta con oscurità, ma si spiegherà in seguito.

Sempre si dice che i Tedeschi arrivano, ma essi non si muovono dai loro accantonamenti. Dio sa quando è destinata la discesa, quel ch’è certo poi è che seguirà all’improvviso.

Frattanto i Francesi ci rodono sino alle midolle, e c’imbarazzano tanto le idee, che nulla si dice, né si fa con precisione, e gli stessi ladri rubano senza destrezza. Quanto poi possa durar questo stato non si sa comprenderlo. La speranza ci tiene in vita e null’altro certamente.

12 [dicembre 1797]

Vien sparso che il Grimani a Vienna abbia scritto al cavalier Donà che a momenti egli arriverà col Pesaro a Venezia unitamente ai generali Austriaci, che ne prenderanno il possesso ai 22 del corrente. Aggiunge che Mantova e Peschiera verranno riguardate dai Francesi. A Venezia vengono venduti i magazzini e sembra già vicina la partenza dei republicani, si teme però molto il loro ultimo addio.

Francesco Palazzi è passato dalle prigioni in Santa Corona con guardia a vista. Al Comitato però delle Provisioni Militari c’è gran bisbiglio tra i commissarj e Ispettori francesi, perché non ritrovano più gli accusati Piovesan e Basso, i quali sapevano tanto bene il loro zergo in tutti i sensi. Ad onta che sia partita molta cavalleria si fa lo stesso consumo de’ fieni, la truppa parte, ma le requisizioni son sempre eguali.

Si dice che si sieno sciolte delle divisioni, ma si saranno diffuse, e le vedremo passare. Non ci son più carri, e si pone l’ordine d’un carro di fieno per boaria. Ecco a quali estremi ci riducono le circostanze.

La Commissione eletta per ritrovar danari è assai imbarazzata. Vuol rivocare a sé le affrancazioni dei Livelli Ecclesiastici, ma il Calderari oppone il Concilio di Trento. La vendita dei monasteri non si può fare: si vocifera l’affrancazione del Pensionatico. Ma converrebbe che le cose terminassero presto, mentre altrimenti si consumerà tutto.

 

13 [dicembre 1797]

Oggi sono partiti i Cispadani di Treviso. Si dice che debba arrivare un grosso corpo di fanteria e cavalleria e che tutti i cittadini debbano notiziare di quanto alloggio possono disporre trattandosi di una sola notte.

Il nostro tesoriere dice di partire avanti il primo dell’anno. Tutto combina perché si creda imminente la partenza di tutte le truppe, ma non per altro nell’approvvisionamento grandioso che si continua a fare come per un’invernata intera.

Oggi Beillard ha fatto scegliere al centrale 20 soggetti per estrarne egli una Commissione onde esaminare le accuse contro Piovesan, e Basso centrali scelti dai Francesi. Vedremo cosa ne seguirà. Il ragiro è sommo per salvar tal gente. Se continuava la democrazia, non seguiva questo, mentre si aveva di già sopito ogni cosa; adesso temendo un futuro giudizio mostrano di darne uno che già tutti s’immaginano di assoluzione. Oh che orrori!

Al dir d’un certo monsieur Mader detto Mustacchina egli suppone che tutto il poter della Francia risieda in sette o otto individui, ai quali tutto piega, essi sono padroni di tutta la forza armata, sicché il loro sistema sarà continuato e forte: che la Cisalpina sarà raggirata in tal guisa che non potrà temere né nemici esterni, né dissoluzione interna: che l’interesse dell’imperatore e della Francia sarà d’esser alleati nelle future intraprese, al qual momento potrebbero gli ex paesi Veneti soffrir dei cambiamenti; ma in ogni guisa sarà mantenuta la più solida, e saggia condotta per la rispettiva tranquillità. Tanto a Parigi, come a Vienna vien inibito di scrive reciprocamente cose dannose ai propri governi.

Si dice che a Venezia i Francesi volessero prender i 4 cavalli di bronzo, i due pedestalli dei stendardi, le porte di bronzo della chiesa di San Marco e la verra del pozzo, che ciò abbia eccitato del fermento, e che ha convenuto per questo poner la truppa sull’armi. In tal serie di dilapidazioni nulla può più sorprendere.

 

14 [dicembre 1797]

Improvvisamente a Venezia fu sospeso l’ordine di levar i 4 cavalli. Si dice ivi giunto il generale Francese Clarke il quale partirà sollecitamente per Palma, onde consegnar ai Tedeschi quella piazza contemporaneamente a Magonza. Tutti assicurano che in questo mese gl’imperiali prenderanno finalmente il possesso di questi ceduti paesi.

Si attende molta truppa francese, che si assicura non dimorerà che una notte sola in Vicenza.

A Casa Trissina il comandante della piazza fece nella Sala una Loggia Massonica, da dove rubarono le candele di cera. Ne fecero anco alla Rotonda senza invitare alcun Vicentino.

Dalle requisizioni che fanno sembra che devano partire, ricercano 40 carriaggi, e i cavalli. Non credo che si possa augurare un più sollecito buon viaggio, mentre non se ne può più in ogni conto.

 

15 [dicembre 1797]

Mentre si discorre che gli Austriaci arrivano ai 20 ai 21 ai 24 s’attende domani 1500 uomini di cavalleria da Verona che vanno a Padova. Grande ed inaudito anderivieni.

Le ricerche fatte dal commissario francese di carri e cavalli furono fatte dolendogli il core, ma accertando che saranno le ultime, e non saremo ulteriormente inquietati per bovi ed altro. Per risarcimento delle requisizioni che non si possono più fare dopo le ratifiche della pace si esibisce per debitrice la Republica Cisalpina in soldo o in terreni: quella povera republica avendo il suo bel che fare a pagare oltre ai suoi anche gli altrui debiti ci risarcirà assai bene. Anche il bernesco si unisce al danno.

I cavalli di bronzo misti in oro, che stavano sulla chiesa di San Marco, furono levati dai Francesi, e disposto tutto per imbarcarli. Mi sembrava impossibile che una cosa fissata potesse rimuoversi. Si può immaginare la sensazione continua dei poveri Veneziani, di cui non si può descrivere appieno la critica situazione.

La nostra commissione per rinvenir danaro ha presentato tutti i suoi pareri al centrale ed è passato il riscatto del pensionatico. Essa ha avuto delle forti opposizioni per intaccare i beni ecclesiastici.

Si sparge fra le molte nuove contradditorie che Palma sia stata consegnata in mano degli Austriaci il giorno 14. Se ciò è vero si respirerà nelle imposizioni. Se altrimenti, come par credibile, non si sa sin dove arriveranno, mentre i Francesi dicono sempre: armatevi di filosofia, mentre noi non partiamo finché non abbiamo mangiato tutto.

Fin adesso certo hanno adempita questa massima, e la continuano in tutta la sua estensione.

 

16 [dicembre 1797]

Questa notte si fermò quì proveniente da Venezia un generale tedesco che vien creduto Mak dalgenerale Beillard. Si aspetta domani 8 Usseri Tedeschi per servirgli di guardia; ciò fa supporre che sia imminente l’occupazione austriaca di questi paesi.

Oggi poi si vocifera che stante le ultime determinazioni sia ceduta all’imperatore Peschiera Mantova e Brescia; tutto è credibile, ma non è creduto.

La cavalleria che doveva venir da Verona non vien altro, molti suppongono che sia stato un espediente Francese per ottenere gran quantità di fieni, ma non è credibile un tal stratagema alla consueta forza con cui esigono tutto. Sarà che finalmentee le cose debbono avere un fine.

Il generale Monier che fa il terrorista essendogli ricercato, se per la sua galanteria volesse acquistare un certo qual terreno vendibile rispose cortesemente: il Ciel mi guardi di acquistar terreni in dei paesi, che devono essere il teatro della guerra.

 

17 [dicembre 1797]

Pare che i Francesi sieno in moto, ma niente v’ha di positivo. Fanno pranzi, e cene, e giocano a tombola al teatrino; sono pasciuti e allegri quanto mai.

Si dice interrotto il Congresso di Rastadt e che Bonaparte sia stato chiamato dal Direttorio per accuse, ed altri dicono ch’esso accusi Augerau e Massena di dilapidazioni, e altro.

Si conta che i Francesi sieno chiusi nella chiesa di San Marco a Venezia per prender il resto di quelle preziose antichità. A Venezia c’è del mal umore, ma il gioco di faraone, di cui ogni tavoliere costa 4 Zecchini, diverte l’inconsiderazione, e frutta assai ai comandanti Francesi.

Si conta che i Municipalisti di Brescia acquistano campagne e possessi: si vede che tutto il mondo è fatto come la nostra famiglia, come dice Arlecchino. Alcuni hanno il coraggio di sorprendersene. Si parla molto del cattivo stato dell’energica Brescia, e che Francesco Gambara già ajutante generale e prigioniero a Venezia sia pentito, e che vadi dicendo: io credeva di far il bene del mio paese, e vedo in cambio la sua rovina, e però cangio di pensiero: si dice ancora che si spiega in modo da venire fucilato: così vanno le contradizioni umane.

Carlo Vicentini già a Milano dopo la publicazione della pace, e alterazione de’ suoi piani, si conta che sia stato preso per sopranumerario nel Corpo Legislativo della Cisalpina. Fu risposto a questo che Pompeo Piovene diceva, che tutti i matti ritornano a casa.

Si sta facendo il processo degl’intaccatori delle sostanze nazionali, ma tutti predicano che verranno assolti dalla generosità dei giudici francesi, ma non mai dal sentimento universale.

Si osserva che tutti i generali francesi che stazionavano nell’ex Stato Veneto niuno non ha promosso qualsisia energia, se non in quanto comportava il loro interesse e giammai si espressero formalmente sul nostro destino, e che Joubert prevedendolo in agosto partì sul momento per non ingannar la nazione. Per me credo che niuno sapesse nulla, e che ognuno di essi avrebbe sagrificato alla politica e all’interesse della Francia come hanno fatto e faranno sempre i ministri per la propria nazione.

Un democratico disperato, non poteva darsi pace per il nostro destino. Cosa si potrebbe dire andava dicendo. Nulla soggiunse un altro, se non che i minchioni l’hanno indivinato.

 

18 [dicembre 1797]

Nulla si sa di preciso sulla partenza dei Francesi. Ora si dice che l’arciduca Carlo prenderà il possesso di Venezia, ora l’arciduca Antonio; chi dice ai 20 ai 21 ai 24 a 26 del corrente, giorno destinato alla venuta dei Tedeschi. Ma il fatto è che non v’è che dei discorsi, e niun apparato.

Il Congresso di Rastadt par sospeso. Di Magonza non si sa nulla, né di Palma per conseguenza. Si dice che vi è in Palma il parco d’artiglieria che non si muove, e quasi 30 mille uomini che dovrebbero sfilare, e non sfilano. Bernadotte, Dalmas, e Serurier con quei soliti ressidui dell’armata francese, dunque tutto è incerto e dispiacentissimo ai buoni. I patriotti esultano di vedere a prolungar le miserie del loro paese e forse perfidamente sperano negli eventi pur troppo curiosi dell’attual guerra. V’è persino chi ha l’impudenza di dire che la piazza piangerà la partenza dei Francesi per il giro di soldo che fà, non calcolando questi l’esimia bontà del nostro popolo, il quale ad onta d’un sempre incerto guadagno da simili compratori, esclamano che non vedono il momento di liberarsene, dando con ciò la prova che il buon senso, e la lealtà sono confinati nella semplicità della nascita, e dell’educazione non contaminati dall’indole, e dalle traviate passioni.

Si ha preso sulfureamente in centrale, attesa la perorazione di Enrico Bissari la massima di render responsabili i conventi dei debiti nazionali. Non è solo il ben pubblico che campeggi in questa determinazione, ma bensì l’interesse, e l’immoralità. Ciò lo vedremo se c’è tempo nella maniera che verrà questo eseguito. Credo che nella nostra posizione non si abbia il potere di attaccare le proprietà di niuno, attesa la promessa decisa e quasi nauseante che si ha declamata forse per vieppiù distruggerla, come l’abbiam provato. Dunque non stà che al sovrano e a un governo stabilito il poter di far ciò che crede, mentre anche il male non si lascia fare che da quei che lo possono, e non cercherei mai una simile prerogativa, ma abbiamo dei perfidi che vagheggiano il dispotismo sotto la maschera democratica, e solo desiderano con questa di sfogar tutte le loro passioni. Per me tengo che non vi sia un vero democratico, mentre esso certamente si trasporterebbe nei paesi della sì decantata libertà ed eguaglianza, che dicono di amare più della vita, ad onta d’un piccolo discapito d’interesse per i loro possessi. Se questi sfoggiavano altamente la loro energia, che 12 soldi al giorno bastavano alla sussistenza d’un individuo, e che avrebbero sagrificato, e vita e sostanze per veder stabilito il democratico governo, adesso questi pretesi pronunziati patrioti si nascondono nelle tenebre, e solo piangono di non potere più mettere a soqquadro il loro paese, ricavarne il dominio, la gloria, e il profitto. In questo consisteva la loro iniqua democrazia e le loro condotta anteriore, e durante la rivoluzione lo ha comprovato. Qual conoscenza degli uomini si ha fatto in pochi mesi!

 

19 [dicembre 1797]

Oggi sono fuggiti dalle carceri 34 rei capitali, i quali ebbero campo, e istromenti per praticarsi una fuga sotterraneamente. Tutti dicono che in fine di reggimento succede sempre dei simili disordini.

Agostin Piovene ebbe per espresso una lettera del conte Martini da Ala concepita in questi termini: tedeum laudamus gli Austriaci dopo di aver rinculato dai loro posti si sono di nuovo portati a questa parte, e di già noi siamo ripieni di truppe. Il generalee Vallis che le comanda ha di già partecipato che ai 21 del corrente si porranno in marcia per Verona, e parte per la Pontieba, dal qua luogo passeranno a Vicenza.

Sembra che tutti combinino nell’asserire che in questo mese partiranno i Francesi; c’è però chi spera al contrario, e altri che ciò seguirà ai 17 di gennaro che sarebbe tre mesi di ristoro dopo la pace di Campo Formio.

Ma intanto ci consumiamo, e le nostre sostanze vanno al diavolo, e ai birbanti. L’incertezza ci domina sempre, e non si è senza angustie per l’ultimo atto d’una così luttuosa scena.

Si va vociferando che i Francesi non hanno soldo per pagar le truppe, anche questo articolo non è indifferente.

Questa sera in centrale si ha trattato della maniera di far soldo se colle mani morte o col testatico: non si sa l’esito.

I Francesi vogliono magazzini di fieni, di grani, e tutto considerabilmente col pretesto di prepararlo agli Austriaci. Esigono poi di poter essi vender i concimi come in conseguenza di tutto il resto. Bortolo Guzzan se n’è impadronito di di [sic] 500 carri condotti dalle nostre boarie.

In verità che ognuno potrebbe scrivere una storia di tutto ciò ch’è accaduto, ed ha provato, e ancora non si potrebbe rilevare l’immensa complicazion delle cose, e la tragicomica direzione d’ogni circostanza.

 

20 [dicembre 1797]

Si va dicendo che gli Austriaci sono in marcia e che arriveranno a momenti, le apparenze non avvallorano gran fatto queste continue ciarle. Si vede Blondeau e Liabeau con qualche ufficiale Ussaro a partire si dice per sempre, ma si teme un alternante ritorno. Le truppe stazionate per il territorio sono comandate di rimpiazzo per una nuova decade. Oh rovina interminabile.

I democratici godono della stazione de’ Francesi, e pare che vorrebbero che mai terminasse: ultimo contrassegno della loro troppo comica nequizia. S’ingegnano a sostenere che i Tedeschi disertano furiosamente e passano a dedicarsi alla Cisalpina, come servizio che li mantenirà doviziosamente in confronto dei stenti e della poca paga imperiale. Se la Cisalpina continuerà a divorar tutto e a esser divorata come sinora fu da noi, non potrà certo soddisfar la cupidigia militare, ma ancora se si sistemerà come deve fare se non vuol vedere la fine del mondo, non so quanto potrà sovvenire così a larga mano ai suoi liberatori.

Tutti i patrioti si fabbricano castelli in aria delle republiche libere, e della loro situazione, come non si avesse una funesta esperienza di quel che si tratta. Oh le belle parole non fanno più fortuna presso il galantuomo documentato; i scellerati poi che ballano sulle rovine altrui possono decantar quel che vogliono, ma non scopriranno che sé stessi, e la loro indole malnata.

Si dice che vanno arrivando delle provigioni per l’armata austriaca. Questa speriamo che non viverà inconcepibilmente come l’altra sulle altrui spalle, come i degni satelliti che la decantano, vorrebbero continuare.

 

21 [dicembre 1797]

Oggi si ha soppresso i conventi di Rua, Carmini, San Lorenzo, San Silvestro, Araceli, San Francesco. Si dice che i conventi più ricchi rimarranno per i ragiri di Tomasoni, Gandin, Disconzi loro famosi procuratori. V’è chi dice che per i conventi poveri ci sarà più spesa a mantenerli che vantaggio.

 

22 [dicembre 1797]

Sono arrivati molti Francesi da Bassano, sussistono le notizie che sieno per partire, ma non si vede principio, contuttociò la speranza ci fa vivere. Dio ci dia un buon avvenire, se però i tempi attuali lo comportano. Non so vedere raggio di felicità nella combustione quasi generali delle menti, degli animi e delle vicende. Non mi lusingo che in quella meta di riposo che molti uomini si propongono per oggetto de’ loro desideri.

 

23 [dicembre 1797]

Sono anche in oggi deluse le lusinghe dell’arrivo degli Austriaci, e si si limita a crederli mossi dai loro posti e messi in viaggio. Per verità le cose correnti hanno un non so che di straordinario che nulla tranquillizza e può far riponsare su di qualsisia certezza: questo forma il gaudio dei democrati che non sanno nemmen simularlo. Oh quando mai termineranno le dubbiezze, e le angustie in tutti i generi!

 

24 [dicembre 1797]

Da tutti i versi vengono notizie che i Tedeschi sono vicini e in gran numero. Ma non si vogliono credere sinché non si vedono. Non si fa che lagnarsi dei mali, i quali sono estremi, delle immunità dei cattivi, e dei ladri, ma il peso dei mali è tale che tutto si sfigura, e nissuna cosa è capace di fissarci.

I Francesi intanto rubano più che possono. S’è abbrucciata per la loro solita incuria una superba Barchessa dei Fracanzani a Orgiano. L’idea fatale di sparger questa gente per il territorio ha apportati dei mali che vanno alla radice di tutto. Ma il destino sembra sino a questo momento fissato per la distruzione, la rovina, e l’angustia di tutti.

 

25 [dicembre 1797]

Oggi finalmente son partiti i legionari vicentini che devono essere 500. Ma in fatto per la diserzione e la poca voglia rimasero soli 170, vi si unì però a nostre spese il completo di altri birbanti consimili, e varj disertori Tedeschi. Tutti gridarono al loro partire che ritorneranno ben presto ad incendiare la nostra città, ed altre eguali minaccie di moda democratica. Si sperava che i ladri avessero preso congedo con essi: ma sulla sera furono rubati come il solito i tabarri. Tal genia é immensa.

I Tedeschi vengono sempre, ma non si vedono mai, ora si dice che si sono rimossi dai loro posti, ora che rinculano. I Francesi però sono in molto movimento, e mi fa una gran spezie l’ultimo addio di una tal scena.

I patriotti sono avviliti affatto, e qualche volta esaltati dalla lusinga che non godremo per molto tempo della tranquillità, a sentirli fanno male all’anima colle loro perfidie, contradizioni, e viltà. S’essi potessero partire coi loro maestri, crederei ben più fondata la quiete, o almeno non si sofrirebbe dei discorsi che questi falsi galantuomini, in tutti i partiti sogliono tenere, e ch’è impossibile che pienamente si correggano. Oh abbiamo veduto qual razza di felicità publica ch’essi vagheggiavano, e amandola ancora vediamo appieno qual giudizio si deve formare.

Il centrale è occupato a far soldo sulle manimorte, i Francesi a esigere continuamente, e tutta la città oppressa dagli ospiti presenti, e in attenzione di quelli che devono transitare; e spese e rovine, e angustie che non vengono godute che da chi ama il male sotto il nome speziosissimo del patriotismo.

Un democratico centrale mi disse orrori di Bonaparte per il dispiacere che risente nel veder cangiata la cosa. Fra le altre disse: egli ha ordinato un congresso a Venezia con varj deputati di tutti i centrali dello Stato Veneto, i quali dovevano avere un’intera plenipotenza: a questi fu esibito da Bertolet inviato di Bonaparte se essi si decidono di esser liberi o nò: questi fantocci si decisero com’è di ragione per la libertà, col sacrifizio non da farsi da loro perché non proprietarj, di 25 millioni soldo su cui fondava Bonaparte il modo di far la guerra, s’essa era necessaria a’ suoi interessi. Fatta simile decisione, si spedì a Bonaparte l’avviso, ma veda l’orrore, il corriere della libertà incontrò quello della pace, e così deluse le nostre speranze questo corso inumano. Bonaparte poi ci promise una terza parte delle argenterie delle chiese (di cui però i ladri amministratori si prevalsero) poi più non se ne parlò, affare indegno in un generale d’una immensa nazione. Indi promise anche in iscritto di indennizzarci dell’orribile truffamento del Sacro Monte di Pietà, poi non ne fece più nemmen parola; e su di tali fondamenti questi perfidi continuano a dar ad intendere ch’essi sperano il ben publico. Oh iniqui, e anche sciocchi! Finalmente proseguì poi che Bonaparte ebbe il coraggio dopo la pace di proporre al Congresso ancora sussistente in Venezia di spogliare tutte le città dell’ex Stato Veneto già barbaramente ceduto, col far ancora delle immense imposizioni per formar uno Stato a noi altri patrioti. Ma la cosa per il timore, e forse per la fortuna dei galantuomini miracolosamente non passò, volevo soggiungere, ma fremevo dalla collera in sentire tanti orrori, non come conveniva detestati, ma solo per rabbia di non aver ottenuto una così odiosa democrazia.

 

26 [dicembre 1797]

Sono ordinate 70 boarie per la partenza in domani degli ospitali francesi: questo è un buon segno, ma molto pesante per il timor di perder i carri e i animali.

Il comandante della piazza, uomo che non va a dormir contento, se non malcontenta qualcuno; arrabiato di non aver oltre l’alloggio in Casa Trissino, e il trattamento, il soldo che equivalesse se questo gli mancasse, ha fatto anche forse eccitato dire al comitato agli alloggi ch’egli vuol averne l’intera ispezione all’arrivo delle truppe. Perciò vuol una nota da tutte le famiglie del nome dei loro ospiti colla penale di 12 zecchini contravvenendo.

A Bassano sono arrivati i fornai Tedeschi e si dice vicina la truppa. Ma non si sa cosa credere. Abbiamo misurato il tempi dal primo di giugno 1796 sino a adesso, sempre sperando che quasi in una decade si potesse liberarsi d’ogni cosa, e di già contiamo 19 mesi. Và tutto, e tutto al diavolo.

 

27 [dicembre 1797]

Oggi è arrivato da Verona il generale Mak per passar a Treviso con 5 ufficiali di Stato Maggiore che lo precedevano. Nulla si ha potuto ricavare sul nostro destino.

Si dice che i Francesi dovevano evacuare l’ex Stato Veneto li 30 frimale, cioè 20 decembre e che i buoni Tedeschi si sono ingannati supponendo li 30 frimale per il 30 decembre. Ci voleva anche i sbagli sulla moda per prolungare di 10 giorni a noi un tal peso.

Oggi sono partiti 50 carra d’ammalati, per il resto non v’è principio di movimento, spargono però che la marcia sarà comandata termine 24 ore.

Il Basso e Piovesan accusati al Comitato delle provvisioni militari dopo di essere stati scacciati dal loro posto a soddisfazione generale, furono posti in istato d’accusa, ma avendo gli accusati implorata la protezione del generale Beillard avendone egli una somma necessità, questo generale destramente istruito creò una commissione di 10 persone con appositamente di varj galantuomini senza eccezione; questi esaminarono i processi già formati dal sig. Felice Piovene, e dovettero star attaccati al solo punto che volle Beillard il quale è: se veramente questi accusati hanno dilapidato il pubblico denaro, questo certamente non consta, e se vi furono arbitrj, a questi non si può fare esami; onde finì la cosa come tutti se l’aspettavano.

Ieri sera andò in scena la commedia, e si farà anche la tombola. Il teatro è pieno di Francesi e pochissimi cittadini.

I Francesi nel dare i loro nomi per i aloggi al padrone di casa secondo l’ordine alcuni scrissero Citoyen N. très mal logé: mauvaise maison. Oh se ne sente di belle in ogni conto.

 

28 [dicembre 1797]1

Questa mattina il commissario tedesco ch’è a Bassano coi fornai ha ricercato un imprestito al centrale di 10 mille lire, questo cominciar cattivo non piacque. Veramente noi siamo avvezzi a delle gran cose, con tutto ciò non vorressimo in qualche guisa esternarle, e ciò vien in mente quando si viene in dei paesi spolpati senza il proprio bisogno.

Vanno partendo a 30 carra al giorno li ammalati francesi e ne muore assai.

Questa sera si dice che i fornai Austriaci si son ritirati da Bassano col commissario; altri dicono che il centrale si ostinò a crederli impostori: queste scene inquietano, mentre si spera un fine, e non se lo vede giammai.

Essendo uno al quartiere vide i Francesi in gran movimento, ne ricercò a un di loro la causa, e gli fu risposto. Citoyens vous serez content car demain nous partons. Era la 21ma brigata, che aveva avuto l’ordine di partire. In tal guisa noi siamo sempre al gioco degl’incerti avvenimenti, e si spera, e si teme quasi nel medesimo.

Se i Tedeschi ritardano a venire oltre il sommo peso del mantenimento delle truppe, e i arbitrj dei ladri, che le provisionano abbiamo l’angustia dei nuovi decreti, e delle somme pazzie di comando, che i nostri rappresentanti vogliosi e disperati di finire moltiplicano coll’accelerazione propria delle circostanze.

I conventi tremano e le famiglie parimenti. Oh eternità di mali.

 

29 [dicembre 1797]

Oggi è morta improvvisamente la Marchesa Fiorenza Vendramini Sale. L’aiutante Gillard di Monier vuol ammazzarsi.

Nulla di nuovo né di Palma, né di Magonza, si vuole però che i Francesi debbano evacuare l’ex Stato Veneto li 9 del mese venturo.

Gli Austriaci ch’erano a Bassano si vuole che sieno stati scacciati dai Francesi; altri dicono che non aveano le firme necessarie.

Tutti sono annoiatissimi di Francesi, e si dice che verrà ordine di non parlar né di Tedeschi, né di Francesi per il quieto vivere.

Son restati assolti dal generale Beillard Basso, e Piovesan e rientrati nel loro primiero posto, alle provision Militari. Si dice che ne venga in conseguenza l’assoluzione del Segretario Palazzi, di cui si aspetta l’esame del processo. Tutti donano il perdono, purché cangi questo sistema d’iniquità.

A Venezia si vede qualche Tedesco, e ancor quì di passaggio, ma sembra che le cose debbano andar in lungo.

 

30 [dicembre 1797]

L’abate Fortis che ritorna da Parigi dice Voi altri avete veduta la mostra ed io la pezza.

Si va sperando il termine di tante calamità, ma sempre in vano.

Si vede pochi Francesi in città, molti uffiziali vanno partindo, ma la truppa è sparsa per il territorio, disposizione che termina di desolar ogni cosa. I PP. dei Carmini cercavano con un memoriale al centrale di sottrarsi al decreto della loro destruzione, esibindo di pagare in quanto possono i debiti della patria, ma non ebbero in favore che 3 voti contro 10.

Se le cose continuano di questo passo i pesi aumentano anche come cosa indispensabile.

 

31 [dicembre 1797]

Pare che a Venezia sia vicinissimo l’ingresso delle truppe Austriache; e quel generale Serurier fa un manifesto in cui si esibisce, se fa bisogno la sua persona in ostaggio per garantire la tranquillità e rispetto alle proprietà nella evacuazione de’ suoi Francesi.

Qui s’aspetta la manna dal Cielo nelle solite angustie, colla speranza di saziar una volta la brama del riposo, perché nel resto poco più poco meno tutti i governi tendono a un oggetto.

Domani comincierà a partire un poca d’artiglieria; vi è del moto, ma sempre ordito con tutta l’oscurità, e in sostanza non si sa mai nulla.

È sortito il lotto di Verona: 700.000 biglietti di una lira tornese, la grazia maggiore è toccata a un mercante veronese detto Ferrari.

Quì non si fà né lotti, né vendite, ma si ciarla sù di tutto, e quel ch’è peggio non si sa da che verso rivogliersi, tanto si ha consumato tutto, e per necessità e per malizia.

L’anno 1797 non sarà dimenticabile dall’ex Stato Veneto in perpetuo, la sua onerosa, e vilipesa neutralità, la sua occupazione ordita in stil moderno; la democrazia introdotta per saziar la fame, e la cessione incredibile per sopire o restituire colla pace la calma al continente dell’Europa, sono degli argomenti indelebili per lo storico, e per il galantuomo.

 

 

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