segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

Trascrizione di Mirto Sardo  

[con aggiunta delle date esatte tra parentesi quadre]

 

 

[segue 1805]

 

 

13 [dicembre  1805]

Tutti questi giorni non si ha parlato che dei biglietti [bollettini] dell’Armata francese, chi non credendoli, e chi vedendoli al sommo esaggerati. Si racconta una battaglia dei 3 imperatori [Austerlitz] seguita ai 3 del corrente a favor di Napoleone. Chi vede tutto andato, e soggetto alla Francia, chi suppone risistenze austro-russe-prusso-svedesi. La verità si è che tutto è giacente, molto è deciso per la Francia, ma tutto altresì si mostra in una incertezza visibile. Venezia resiste. Massena al di là dell’Isonzo, con una scarsa armata, e minorata di molto d’amalati e feriti, si dice che ritroceda, ma ciò non succede. L’Arciduca Carlo non si sa dove sia, ma la sua armata è intatta. Si diceva uno sbarco a Napoli di Russi e Inglesi, ma niente si verifica di certo. Infine si parla ogni giorno di pace, ma tutto il mondo è in movimento, e davvero non si sa cosa credere. Se a Bonaparte continua la fortuna, tutto soggiacerà alla di lui stella, se altrimenti si vedrà dei sommi e lunghi avvenimenti. Qui si paga, si angustia, e non si sa più in che mondo si sia. Hanno fatto l’appello tutto di soggetti noti e cari a Massena. Tutto il mondo ha fame e la cupidigia è rimasta l’unica passione degli eroi moderni. Non vi è oro né mondo bastante per saziar la voracità dei particolari, e dei monarchi.

 

14 [dicembre 1805]

In mezzo a dei interminabili discorsi chi di vittorie immense francesi chi di annichilamento della Francia, chi di un pelago d’idee nuove, si sente in oggi ad assicurare che è fatto un armistizio, ma non si sa né a quali condizioni, né per quanto. solo si teme la venuta delle truppe, e poco si confida nella pace. Si sente però una sorda voce che Venezia sia per cedere. Gli avvenimenti odierni fanno perder ogni tramontana e davvero si può veder tutto a verificarsi. L’esaurimento nostro, l’avvilimento, e l’incertezza formano un vivere miserabile.

 

15 [dicembre 1805]

Il Comandante della Piazza ha dato un pranzo magnifico alle Cariche del paese. Ha parlato dell’armistizio dicendo tutto lo Stato Veneto sarà Francese, e le truppe in statu quo. Di Venezia non si parla, ma la si vuol compresa nello Stato Veneto. Vedremo come và la cosa. Certo pare una pace già separata coll’Austria. I Russi ritornano al loro paese. La Polonia ripristinata. Koziusko si vuole richiamato da Napoleone per figurarvi come re. Si tiene che le due ingiustizie della Polonia, e di Venezia possano a questo momento credere un represtinamento

Tutto è possibile in tanta stravaganza di cose. Beati noi se ritornassimo uomini e Italiani! Frattanto noi viviamo insensatamente fra tutti i bivi possibili, non si sa cosa credere, cosa sperare, e nascono in cambio dei timori e delle angustie sempre nuove.

 

16 [dicembre 1805]

L’Armistizio stampato indica una gran estensione di terreno per l’armata francese, e una vicina pace coll’Austria, ma esso non individua né Venezia né Trieste, quando lo Stato Veneto e l’Istria non lo indicassero.

Oggi le voci erano che a Venezia fossero entrati i granatieri e commissari francesi, ciò si verificherà in breve stante la distanza. Qui le cose passano con un radical esterminio, e moralmente, con un giro d’idee, proprio e delle passate esperienze, cioè chi gode, chi sospira, e chi finalmente diventa indifferente a tutto.

 

17 [dicembre 1805]

Oggi si dice che il vice re d’Italia Eugenio Beaurnois venirà da Bologna a prendere il primo possesso di Venezia chi fra 6 giorni, chi ai 30 del corrente. Le peripezie dello Stato Veneto sembrano una vera stregheria. Una Repubblica tanto illustre e tanto famosa, caduta nelle mani dell’anarchia rivoluzionaria d’un’altra nazione, passata indi vilmente al dominio austriaco conculcata avvilita indicibilmente, trasportata poi tutto ad un tratto per dei avvenimenti che sembrano più favolosi che veri al dominio della Francia, da cui non si può che attendere che qualche strano impasto di cose per cui non v’è che i soli avvenimenti che possano decidere d’una certa tal qual consistenza. Addio dunque ogni chimera di antica idea e Italiana e Veneta e solo dalla Providenza attendiamo un men miserabile destino.

 

18 [dicembre 1805]

Vi è la parlata di Napoleone dopo la battaglia di Austerlitz, che finisce col dire, che ogni soldato che vi fu si dirà nel vederlo a Parigi voilà un brave. Niente si sa del giorno che farà il suo ingresso a Venezia il vice re. Pare che il blocco sia eguale come prima. Finora per l’armistizio non si accrebbe truppa si vuol però che nella notte passino soldati e polvere. I feriti e ammalati passano sempre di notte, e veramente di giorno è tutto sgombro solito giro francese diverso dal Tedesco per mistero e sollecitudine in tutto. Le giornate son superbe e quasi insultano le nostre peripezie. Le autorità costituite si gonfiano, ne godono, e vengono ben pagate. Tutto è però provisorio.

 

19 [dicembre 1805

Le nuove che corrono sono perfettamente curiose. Si vede a partire tacitamente tutti i Francesi, gli ospitali, la polvere, ec. e siamo sin senza corpo di guardia in piazza. Ciò si dice perch’essi vanno a Napoli. Di Venezia il blocco è fortissimo, e non par certa alcuna cessione. Cosa che ciò significhi niuno lo sa, chi dice che i Tedeschi ritornano di nuovo, e che le battaglie, i viglietti uffiziali e l’armistizio sieno stati tutti artifizi. Chi crede sbarchi di Russi Inglesi a Napoli, a Livorno, a Ancona, a Venezia. Davvero che ciò farebbe impazzire perché tutto è probabile. Si vuol da altri la pace fatta, e una placida esecuzione.

 

21 [dicembre 1805]

Partono continuamente soldati, munizioni e altro e tutto di notte, sicché si può dire che i Francesi mostrano di fare una pacifica ritirata. Essi dicono però armistizio, pace, e che vanno a Napoli per occupar quel Regno, mentre il re è alla testa degli Anglo-Russi sbarcati e delle sue proprie truppe. Il mistero e l’enigma è inesplicabile. Tutti i piccoli partiti fanno dei discorsi ragionatissimi di ogni e qualunque evento futuro. Oggi corre che il principe vice re sarà a Padova in questa settimana, e il primo di gennaro a Venezia. Ma Venezia par assolutamente immobile, e fuori dei concerti. Vediamo la stravaganza di Venezia tedesca, e di Vienna francese. Oggi giunge l’ordine che il nostro governo provvisorio più non dipenderà da Massena, ma dal vice re, e dal general Pino.

 

22 [dicembre 1805]

Chi vuol guerra, misteri, e negar battaglie, avanzamenti armistizi e tutto, chi dice che la pace è fatta che il Lisonzo sarà il confine italico, che ai 25 del corrente il vice re sarà a Padova alloggiato magnificamente a Santa Giustina, ch’esso verrà scortato da 6 mille uomini di truppa italiana, la qual si diffonderà nelle nostre guarnigioni. Ch’esso attenderà in Padova la vicina pubblicazione della pace coll’Austria, e che ceduta Vienna esso entrerà in Venezia. Si nega persino che venghi il vice re ciò si vedrà. I 120 uffiziali di Rohan a cui fu ricusato da Massena in Gorizia il passaggio della loro armata com’era nella capitolazione retrocederano, e Bellegarde ricusò di volerli a Venezia, dopo un mese di patimenti a Piove di Sacco, si dice che in oggi Bellegarde li accoglierà. Ieri vi andò anche Manzoni dopo molti stenti. Si dice che Massena sia unito alla grande armata con decadimento di posto. Di Massena e Ney che dovevano rinforzar l’armata d’Italia più non si parla. Tutti i Francesi vanno a Napoli il di cui affare è un mistero, ma pare ch’essi vadino a conquistarlo di volo. I commissari fanno qui i loro ultimi sforzi per scorticarci.

 

23 [dicembre 1805]

Oggi il birro Lavagnolo [è lo stesso che occupava la stessa funzione durante la Repubblica Veneta. Vedi  Nota storico biografica] disse che il Vice Re giunse a Padova dalla parte di Ferrara. Domani la deputazione manderà Luigi Bissaro, e Leonardo Thiene a complimentarlo. L’esultanza degli uni e il tramortimento degli altri in una tal decisione del nostro destino formano un quadro particolare. I Francesi partono e verrà la truppa italiana.

 

24 [dicembre 1805]

Il comandante della piazza Chavardes scrisse alla deputazione che avendo sentito a dire che Sua Altezza Reale il principe Eugenio Vice re d’Italia entrerà a Venezia li 26 del corrente, esso si deve portar a Padova, onde lascia alla deputazione tanto esimia la tutella della città ec.

Non si voleva creder la venuta del vice re, ma già la prima voce in 9 anni e mezzo a questa parte si è sempre verificata. Ora non si vuol creder la cessione di Venezia, frappoco si vedrà, si avrà poi in seguito sbarchi e guerre. Noi intanto vediamo un altro nuovo ordine di cose, una distruzione e di eccidio di usi e di sostanze che ci fa alzare gli occhi alla Providenza per ottenere fermezza e soccorso.

I Francesi partono tutti, ma ne giunge sempre dell’armata di Massena per andare a rinforzar Saint Cyr a Napoli. Massena si vuol in crisi. Niente si sa della Germania, ma pare che la pace sia fatta.

Il nostro Governo è attivissimo, e quantunque provisorio fa leggi continue. Non si vede che sommi affissi ai cantoni, e una gran esultanza negli impiegati. Vicenza sola ha cambiato soggetti per istanze fatte a Massena.

 

25 [dicembre 1805]

I deputati Thiene e Bissaro scrissero da Padova, che non avranno udienza dal vice re che in oggi, e che la nuova di Chavardes dell’ingresso dei 26 a Venezia è destituita d’ogni fondamento. Ciò forma esultanza negli uni e rabbia in altri. Chi crede che ciò seguirà a momenti, chi dice il milanese incorporato nell’Impero, e Venezia sede del regno, chi suppone una fuga o riffuggio dai sbarchi. Infine si vedrà perché tutto è tenebre. Gran truppa Italiana a Padova basta appena per alloggiarla. La funzione in Duomo fu colla deputazione Tornieri, Salvi, Trissino Parminion, Vicentini, Scola all’appello e Comendador Trissino alla Pulizia. Bortolan non volle andarvi.

 

26 [dicembre 1805]

I deputati nostri al vice-re mandarono a prendere i loro vestiti di gala, e due ministri coi libri delle finanze e amministrazioni, perché si vuol indagare le arbitrarie requisizioni ec. cosa curiosa in tali momenti.

Sono arrivati oggi a Vicenza li 140 prigionieri tedeschi uffiziali, ben all’ordine, e si vuol trovarvi ancora in ciò del mistero, si vuole ancora che dei regimenti svizzeri verranno a formare la nostra guarnigione.

Venezia resiste, e li discorsi su di essa sono interminabili. Pare un sogno che in mezzo alle nostre miserie vi sieno due partiti che a vicenda esultano delle comuni disgrazie presenti e future per vincere una pazza opinione ideale. Per me credo che la pace sarebbe il balsamo di tutto, e che tutti i governi si rassomigliano. La ragion vuole che questa pace sia vicina coll’Austria, e in allora si vedrà deciso l’affare di cui ad onta delle illusioni si discerne anche al giorno d’oggi il pendio.

Perché converrebbe false tutte le notizie di vittorie, e di avvanzamenti di cui noi medesimi siamo fatalmente un esempio per credere tutto all’opposto di quel che si vede e si sente. Si nega persino l’ingresso in Vienna, e si tiene Napoleone inviluppato.

 

27 [dicembre 1805]

Dacché il comandante della piazza ha fatto la volata del giorno 26. in Venezia dal vice re pare che i Francesi sieno annientati, che vi sia guerra, e altro, l’altro partito dice pace sicura fra pochi giorni, visita del vice re alle provincie ex venete, poi ingresso a Venezia, e si suppone persino che sia di già preparata la nuova organizzazione. Si sta molto male in tali incertezze i partiti si esaltano, e noi siamo le vittime di tutti i nostri desideri, e speranze. Povera Italia!

 

28 [dicembre 1805]

Il principe Eugenio è comandante in capite dell’armata d’Italia. Ora i nostri deputati son colà coi libri delle finanze, e il ministro Prina trova tutto cattivo e per l’amministrazione fatta, e il cattivo impianto: si dice che noi saremo rovinati tali saranno i pagamenti e le esazioni future. Pare che in otto giorni si voglia fare la nostra organizzazione. Noi siamo nel mondo della luna per ogni rapporto. Si vede che i Francesi la fanno da padroni, e vogliono qui fissare il loro dominio sotto il nome Italico. Si osserva però Venezia chiusa. Lo sbarco di Napoli, la poca truppa, l’annientamento di Massena, si dice Prussia nella coalizione. Infine un impasto di tregua, di armistizio, e di pace d’una natura totalmente nuovo. Ragionevolmente non si sa cosa positivamente decidere. Solo il pender che fa la nostra sorte ci fa vivere angustiosamente, mentre gli uomini naturalmente pensano più all’avvenire, che al presente.

Vi è poi qui i 140. prigionieri tedeschi, i quali alcuni spargono voci di guerra ec., altri son disperati avendo perduto tutto e senza il mantenimento della capitolazione inquietano varie case ove sono alloggiati, e i Caffè. Il comandante della piazza ne ha fatto arrestare, e domani li vuol tutti alla sua casa, volendo forse col consenso del principe Eugenio spedirli in Francia. Le città non sono adattate nell’attual guerra per serbar prigionieri, mentre le opinioni si uniscono all’essenzialità delle rovine. E noi poveri Italiani siamo scorticati dagli uni, arsi in progetto per vendetta dagli altri, e in fondo l’odio, l’invidia, e la cupidità di tutte le diaboliche nazioni dell’universo.

Si attende mille uomini di guarnigione, e si dice che saranno Svizzeri.

Si parla che la contribuzione nostra non doveva esser che d’un millione che il secondo millione servì ai generali, e che per qualche minorazione vennero incassate 500 mille lire, di cui non si sa l’impiego. Gran imbrogli, nelle provisorietà sembra insensato quello che vagheggia i posti, e vitima quello che vi si trovasse per combinazione anteriore. I veri galantuomini non si lasciano trasportare da simile ambizione.

 

29 [dicembre 1805]

Il principe Eugenio vuol una Municipalità non stando in legge che un governo sia giudice, e parte. A Padova vi son i deputati e i ministri per scrutinar le finanze a nostro eccidio, a momenti vi andrà Nicolò Bissaro, a tal uopo addattatissimo. Noi abbiam che fare con l’accutezza in carne, e contrasponiamo l’imperizia ec. Si parla di guerra ma non par probabile, anzi i dati indicano la pace con l’Austria. Di Napoli non si sa nulla, ma si comincia ad inventar battaglie. Venezia stà soda in una maniera però curiosa, e atta a creder tutto possibile. Vi si dice arrivato Bisinghen degno di allontanarsene. Si dice che s’incominci a prender gente per soldati. Il giro delle cose è talmente oscuro, ed angustiante, che la vita si rende trista.

 

30 [dicembre 1805]

Scrive il conte Leonardo Thiene deputato da Padova ch’è arrivato il general Solignac espressamente per portar la notizia della pace segnata coll’Austria, questa si pubblicherà ai 2 del venturo, e si dice ceduto tutto l’ex Stato Veneto sino al Lisonzo con Venezia: questa notizia chi la crede assoluta, chi la nega totalmente dicendo guerre, munizioni che partono verso il Friuli, e ristrinzioni con pene capitali pel blocco di Venezia; c’è di tutto, ma però si vede che riescono favolose le risorse, ed evidente il fatto.

Si è stabilita una Deputazione Civica con Podestà, e 7 savi. Tutti vogliono rinunziare. Ma gli uomini dicono e smaniano ma poi si assogettano quasi sempre alla distinzione e al profitto. Si vede delle cose che non si avrebbe creduto, e le guerre, e gli uomini si mostrano in tutto inconcepibili in questi tempi. Il più gran fanatico non può giurare di non cangiarsi fra non molto. Le multiformi scene da noi sofferte ce lo comprovano. Preghiamo la Providenza di rassodar la quiete, di allontanar la guerra, e di render gli uomini un po’ men contraditori.

 

31 [dicembre 1805]

Ora sfuma la notizia della pace, e il deputato Thiene prese le speranze di pace del gen.l Solignac per una certezza. Tutti i giorni in mezzo alle rovine ci tocca l’alto e basso delle notizie prodotte dalle creature di mal genio le quali turbano a vicenda la quiete della società, e generano dei partiti. Tutti nel proprio desiderano disastri e rovine per trionfare della propria opinione, in cambio di deplorare unanimemente e caritatevolmente la nostra comune disgrazia di esser bersaglio dei stranieri, i quali sotto o una maschera o l’altra ci calpestano e ci distruggono.

Ecco terminato un miserabile anno. Si cominciò coll’imperatorato di Napoleone, poi la vociferazione di veder un Re in Italia, subito si temé d’invasioni, e si supponevano. Francesco II col cordone per la febbre gialla aumentò il numero delle sue truppe alle frontiere. Venne Bonaparte a incoronarsi Re d’Italia, e questo assoluto reame fece tremare. Si vide poi sciami di Tedeschi, indi una persecuzione di spese fatte da noi per l’armata, poi una ritirata prodotta dalle vittorie di Napoleone sul Reno indi il caos a cui si troviamo. La Provvidenza ci assisti per vedere un avvenire che nemmen le nostre inesauste speranze sa raffigurarsi felice.


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