5.  Ottavia Negri Velo  (1764-1814)  

ed il suo "GIORNALE"  (1797-1814)

Ricerca e trascrizione di MIRTO SARDO

 

 

Il vezzo di tenere delle cronache non era per nulla raro presso la nobiltà di allora.  

La sconfinata cronaca degli Arnaldi-Tornieri, nonno, padre e figlio ne è un esempio significativo. Ciò che però incuriosisce del Giornale o Cronaca Vicentina di cui ci occupiamo, è che  è scritto da una donna, fatto piuttosto raro, soprattutto a quel tempo; da una esponente del ceto nobile, che i luoghi comuni ci hanno abituato a considerare piuttosto ozioso e fannullone.
Saremmo portati a considerare Ottavia come una persona disimpegnata, fatua. Quale molla, quale susta - per usare una parola sua - la spinse a prendere la penna? Possiamo solo immaginarlo.  Sappiamo per certo che in casa Velo si era informatissimi e si leggevano vari giornali italiani, francesi e talvolta tedeschi. Ci restano infatti richieste di pagamento per l'abbonamento o - come s'usava dire allora - l'associazione ad essi.


Una mente sveglia ed informata come quella di Ottavia si rese ben presto conto dell'eccezionalità degli avvenimenti che si svolgevano in quegli anni.  Dapprima, nel 1789, Ottavia ode con stupore, ma di lontano, gli echi dei primi moti di Francia. Ben presto, molti francesi fuggiaschi dalla patria - aristocratici ed esponenti del clero - e persino il futuro Luigi XVIII chiedono asilo politico anche alla Repubblica Veneta. Alcuni vengono a Vicenza e vi rimangono per un certo tempo. Ottavia parla con essi. Sente che oltralpe tutto il loro mondo - il suo - è messo in discussione. Sente che in Francia esplode e divampa la sanguinaria rabbia della piazza. Si susseguono i torbidi per mesi e anni, finché è chiaro a tutti, anche in Italia, che la rivoluzione non si può più arrestare.
Quando constata che una sorte ignota s'avvicina e gli avvenimenti riescono assolutamente straordinari, di portata storica, Ottavia capisce che varrebbe la pena di annotarne gli sviluppi.  

Nel 1796 moriva di cancro Elisabetta Caminer Turra - la letterata - come la chiamavano, e forse anche questo fatto stimolò Ottavia ad annotare una memoria storica.

 Elisabetta Caminer Turra

Ottavia inizia la stesura del Giornale quando la guerra-lampo inaugurata da Bonaparte, nella primavera del 1797, ha già portato l'Armata francese alle porte del Territorio Vicentino.   

Territorio suddito di Venezia fin dal 1404. Fu proprio in quell'anno, infatti che Vicenza si donò a Venezia. Tale sudditanza consisteva in una obbedienza alla Serenissima che incontestabilmente imponeva la suprema giurisdizione Civile e Militare mediante le due magistrature del Podestà e Capitanio (che spesso erano ricoperte dalla stessa persona, ovviamente un Patrizio Veneto).
Ferma quindi restando la competenza di Venezia per l'esazione delle imposte, il batter moneta, l'esercito, il potere giudiziario per il civile e il penale di maggior gravità, per il resto v'era una autonomia locale abbastanza larga regolata dagli statuti comunali nell'ordinaria amministrazione (riservata comunque alla nobiltà), come del resto s'era fatto ancor prima del 1404.
Statuti e consuetudini che Venezia stessa aveva già a quella data recepito.  

Venezia si poneva tra il potere locale dei nobili ed il popolo.  E si doveva porre abbastanza bene se fino all'ultimo ebbe il consenso della stragrande maggioranza dei suoi sudditi più poveri per secoli.

Purtroppo alla fine del sec. XVIII, le vedute del Governo veneziano di fronte agli avvenimenti di Francia e d'Europa furono talmente miopi che essi lo colsero, in politica estera, totalmente impreparato. Dov'era mai finita la sagacia proverbiale di S. Marco, che per primo, da secoli, aveva inventato una diplomazia moderna ed i servizi segreti? A che servivano gli informatori ed osservatori in ogni stato estero? Capello, ambasciatore a Parigi, fin dalla convocazione degli Stati Generali aveva informato diligentemente il Consiglio, che il deteriorarsi della situazione in Francia doveva essere osservato con attenzione per il bene di Venezia. Ma le sue lettere non furono valutate col giusto peso. Talune, anzi, non furono neppure lette.  

Le donne della Rivoluzione in marcia per Versailles in una stampa dell'epoca    

 

Ora (ben otto anni dopo la presa della Bastiglia) all'appressarsi del pericolo francese si dovette per forza aprire gli occhi dolorosamente stupiti. Anche Vicenza, trepidante, osservava i progressi di Bonaparte.

Nel precipitare di questi avvenimenti cittadini si faranno poi notare i fratelli Bissari, di cui il più intraprendente, Enrico vivrà poi in una contraddizione aspramente a lui rimproverata dai suoi stessi compagni di lotta, primo fa tutti l'eminente avvocato Francesco Testa. Giovanni Scola, Leonardo Bissari, Brunoro Muzani, Giacomo Breganze, l'abate Velo, G. Maria Negri, Don Lorenzoni, per citarne soltanto alcuni dei più ideologicamente impegnati, sono altrettanti nomi che troveremo assieme a molti altri puntualmente riportati nel Giornale.  Ottavia si interessa attivamente alla politica, pur senza prender posizione. È informatissima di quanto succede apertamente ed anche dietro le quinte. Proprio nel marzo-aprile 1797 sa che i Giacobini vicentini tentano di organizzarsi. Probabilmente i picchetti Francesi che andavano e venivano da Montebello - avevano chiarito un po' meglio le idee ai "democratici"   vicentini. V'è chi pensa che lo stesso comandante della colonna cispadana - che passò l'inverno 96/97 tra Vicenza e Verona - il giacobino La Hoz,  li avesse imbeccati, ben conscio che ormai Bonaparte voleva fermare la rivoluzione e fosse per un ordine diverso.  A provare quanto asserito, esiste nell'archivio di Stato Veneto [Inquisitori di Stato] un fascicolo intitolato a Giuseppe Fontana non ancora sufficientemente sviscerato in senso vicentino. Si trattava -  tutto sommato - di un'inchiesta per reato di opinione; ma vi troviamo tutti i più bei nomi del giacobinismo vicentino.  E se andiamo a vedere bene, vi ritroviamo molti dei nomi dei Liberi Muratori che, dopo la soppressione della Loggia vicentina certamente non avevano smesso di ritrovarsi. [Per coincidenza, la loggia vicentina si trovava proprio nella case  di proprietà dei Velo, in contrà Carpagnon] 

Ma fu soltanto un  caso, che l'Accademia Olimpica - dopo lunghissimo periodo di letargo - riprendesse le sue tornate proprio subito dopo la soppressione della Loggia massonica?  

 

O non piuttosto, che appunto per la soppressione di questa, ci si ritrovasse a parlar degli stessi argomenti in quella?  [Cfr.Mirto Sardo, Ottavia, le Bisce e Bonaparte, Vicenza, 1989]        

Eppoi non è da dimenticare che proprio la Caminer, molto "amica" del Fracanzani, nella  villa  di costui ad Orgiano - in luogo molto decentrato - aveva favorito, se non  organizzato, le frequentazioni dei Liberi Muratori vicentini, padovani ed esteri. 

Proprio con queste frequentazioni i futuri Municipalisti si erano  preparati intellettualmente - senza saperlo - al cambiamento. 

Ma torniamo al fascicolo "Inquisitori di Stato".  

Poiché nel dossier compare anche il nome di Ottavia dobbiamo chiarire subito che essa vi sarebbe stata citata soltanto come testimone e non come imputata. Dico sarebbe stata poiché non se ne fece più nulla. Ottavia non venne interrogata.

Gli avvenimenti non lo consentirono perché i  francesi avevano ormai occupato Vicenza, il Veneto, Venezia stessa. Il Lavagnolo, capo della polizia veneta,  non ebbe il tempo di  effettuare tutti gli interrogatori ed il fascicolo è rimasto incompiuto.[Il Lavagnolo - lo diciamo a titolo di curiosità - rimase nella sua funzione anche in seguito, durante il Governo della Municipalità democratica, come vedremo nel Giornale!]

  È un fascicolo che merita due parole alla pagina seguente.  

  

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