6.   Ottavia Negri di Velo (1764-1814) 

ed il suo  "Giornale" (1797-1814)  

Ricerca e trascrizione di    Mirto Sardo

 

Il dossier  (ASV Inquisitori di Stato 1251-382) contiene tre pagine di nomi di cui almeno la metà di presunti filo francesi. Gli altri - come Ottavia - da interrogare come  - diremmo noi - persone informate dei fatti.

Il principale testimone è  "....Giuseppe Fontana q. Lorenzo di Roveredo di Trento fa il Sarte in Città..."

 

 Particolare della pagina in cui compare la citazione che riguarda Ottavia

 

Quasi tutti gli interrogati dicono trattarsi di chiacchiere che giravano nei caffè. Il conte Sesso invece spiffera alla polizia  con estrema abbondanza di particolari i nomi delle persone che sospetta implicate. Dice di aver sentito parlare di un complotto contro il governo Veneto prima dall'oste della locanda Ai tre scalini [che esiste ancora, con lo stesso nome, presso l'abbazia vicino Povolaro], e poi   da un certo Antonio Zanella, fattore della Contessa Ottavia Negri Velo, che riferiva discorsi della stessa.

In quel dossier sono esposte minutamente le relazioni tra i progressisti  della città e del territorio. Come abbiamo detto l'inchiesta fu superata dagli avvenimenti:  I francesi arrivarono qualche giorno dopo e tutto finì.

[ Sarebbe - come abbiamo detto - assai interessante studiare questo dossier più a fondo.]

 ***

Ma la vita doveva proseguire anche durante l'occupazione: anzi, durante le alterne occupazioni che si sarebbero susseguite negli anni successivi.
Ottavia ogni tanto si recava a Velo, Spessa, Sarcedo, Isola ed in altri villaggi del Territorio a curare gli interessi della famiglia. Visitava i figli Momoletto e Bellina in collegio a Parma e poi a Venezia. E scrive, scrive .

***

Che tipo di cronaca è il "Giornale"?
Ottavia ha voluto stendere una memoria esclusivamente storico-locale.
Altre cronache assieme agli avvenimenti di guerra segnalano fatti meteorologici, delitti familiari, fatti curiosi, eventi vari. Ma anche fatti assolutamente ordinari, come le solite cerimonie religiose e civili ricorrenti nelle varie festività di corrente amministrazione. Ottavia no.
Ottavia scrive di forestieri civili e militari, parla di incendi alle caserme, di fuga dalle carceri, di qualche pena capitale, ma raramente dà giudizi su privati cittadini. Quando lo fa non ne cita quasi mai i nomi e lascia tutto all'immaginazione. Non spreca inchiostro per descriverci in lungo e in largo quanto fu magnifica la funzione del Te Deum, o la Processione annuale del Corpus Domini, com'era uso nelle cronache del tempo. Men che mai - purtroppo - parla di sé e della sua famiglia.

Tutte occasioni che le offrono l'opportunità di descriverci nel Giornale le situazioni dell'altrove, come appare a lei.
Ci mostra per
diciassette anni un paese che vive al quotidiano le varie occupazioni straniere ed è sballottato dall'uno all'altro padrone varie volte, né conosce se e quando la sua sorte debba essere definitiva, ormai con la dolorosa consapevolezza che nulla sarà più come prima.

Per nessuno.

Non si può inoltre non segnalare come il Giornale costituisca un documento di importanza fondamentale - per la conoscenza dei fatti svoltisi nel vicentino durante l'estate del 1809, che vanno sotto il nome di Rivolta dei Briganti,  appellativo demonizzante usato spesso dal potere per giustificare certe sue repressioni. La scintilla fu il Dazio sul Macinato che pesava sui miseri in modo insopportabile, dopo mesi e mesi di estrema carestia.
E Ottavia lo dice.
La cronaca espone lo svolgersi delle azioni nei vari luoghi e la confluenza verso la città delle varie bande di disperati.
La cronaca espone lo svolgersi delle azioni nei vari luoghi e la confluenza verso la città delle varie bande di disperati. Nel vicentino tutto cominciò nelle montagne attorno a Schio e dilagò a Thiene, Malo ecc. culminando con una marcia su Vicenza arrestata in tempo.  Interessante le descrizione dell'accaduto a Schio e dintorni.  [Cfr. per  altri particolari: Biblioteca Civica Schio - Do 46.15]

Quell'anno i francesi attraversavano un periodo molto critico, con alterne vicende, a causa delle poderose battaglie nell'Europa centrale e della rivolta della Spagna, che avevano assorbito una enorme quantità di risorse   in materiali ed uomini. I francesi erano rimasti in Italia in numero irrisorio. Le truppe austriache (tirolesi) ai confini ebbero buon gioco nell'illudere i montanari: avrebbero trovato la strada facile in caso di rivolta e loro stessi li avrebbero riforniti di armi ed aiutati. I focolai di ribellione - qua e là - durarono qualche mese, ma furono infine spenti. Comunque sembra che non vi siano state grandi violenze alle persone, da parte degl'insorti, a parte azioni di saccheggio e di guerriglia contro i governativi.
Ottavia più volte non nasconde che la causa di tutto era stata la miseria insopportabile dei poveri villici.
La repressione, come si può immaginare fu drastica. e la rivolta domata. Il Tribunale militare ebbe buon gioco con le accuse di spionaggio, tradimento, collusione con lo straniero e per vari giorni in Campo Marzo furono eseguite sentenze capitali.

 

***

 

Ottavia scrive giorno per giorno. Ce lo dimostrano le lettere  che scrive o riceve alle date contemporanee.

Tralascia del tutto l'ordinaria amministrazione: segnala sì i movimenti di truppe in generale, ma senza arrivare alla pignoleria di darne il numero esatto all'unità, come il citato Tornieri, la cui accuratezza contabile, se ci può essere utile per conoscere il numero dei soldati avvicendatisi in Vicenza, potrebbe anche interpretarsi come gli appunti di una spia!

Ottavia scrive di forestieri civili e militari, parla di incendi alle caserme, di fuga dalle carceri, di qualche pena capitale, ma raramente dà giudizi su privati cittadini. Quando lo fa non ne cita quasi mai i nomi e lascia tutto all'immaginazione. Non spreca inchiostro per descriverci in lungo e in largo quanto fu magnifica la funzione del Te Deum, o la Processione annuale del Corpus Domini, com'era uso nelle cronache del tempo.  Men che mai - purtroppo - parla di sé e della sua famiglia.Anche questo fatto ci conferma che accarezzasse l'idea di pubblicare il suo scritto.

Così, pur nel suo parteggiare per gl'Imperiali Austro-Ungarici, Ottavia  nota più volte che si è "
presi e venduti allo straniero" e osserva - 23 febbraio 1798 - con occhio lucido e sprezzante il servilismo del Vescovo - lei religiosissima ma non bigotta - che "stette - il Vescovo - sempre smanioso vicino al Trono". Esulta quando sembra esservi una speranza che i Francesi siano ridimensionati una buona volta dall'alleanza della Russia con l'Austria, ma quando le truppe di Souworov attraversano il nostro territorio ne nota con raccapriccio la barbarie: "... v'è chi sostiene che abbiano mangiato un bambino ".
Altrove, più volte osserva che i Francesi sono spiritosi, svelti, galanti; dà quasi l'impressione che le dispiaccia non poter parteggiare per loro.
Ottavia è informata molto bene anche perché proprio a casa sua alloggiavano di volta in volta alti ufficiali delle truppe occupanti e lo stesso Colonnello cassiere delle truppe: è certo che con essi v'era scambio di opinioni e talvolta perfino una certa confidenza.

Comparando le sue lettere con quanto scrive alle date corrispondenti nel Giornale, riscontriamo in questo una epurazione di interessanti riferimenti a persone citate invece in quelle, anche se col solo nome di battesimo. Molte pagine di esso sono la descrizione in uno stile più ufficiale, di circostanze, avvenimenti, opinioni, già comunicata con le lettere ai rispettivi destinatari con apprezzamenti talvolta caustici ed appunto per questo gustosi a leggersi: spiace non riuscire ad identificare tali persone, per poter colorire meglio la Vicentinità di quel tempo. Tale epurazione è certamente dovuta a salvaguardia della privacy sua o d'altri, ma a noi riesce eccessiva perché tace avvenimenti eclatanti e talvolta pubblici anche se sconfinanti nel privato

È il caso ad esempio dell'8 settembre 1797.
Quel giorno venne fucilato in Campo Marzo dai francesi tale Stefano Gennari, reo confesso, per aver ucciso a coltellate, la notte del 31 luglio dell'anno prima, il Conte Camillo Bissari, fratello primogenito dell'Enrico Bissari che abbiamo incontrato tra i giacobini.


beh, a nostro avviso era un avvenimento abbastanza pubblico ed abbastanza straordinario da meritar di parlarne!


- O forse è meglio non aver mai a che fare con le vergogne dei parenti?

E i nobili erano un po' tutti parenti tra loro! Del resto Sabina Bissari, zia acquisita di Ottavia - grazie alla quale lo stemma Bissari  si abbinava a quello dei Leoni-Montanari - era  prima zia dei fratelli Bissari in questione.

Nel Giornale non v'è alcun riferimento a questo fatto piuttosto importante.
E così per altri avvenimenti.
A tutt'oggi (1999) non sembra esservi più traccia alcuna delle carte pubbliche di questo processo e nell'Archivio della famiglia Bissari esiste solo una copertina che porta l'intestazione: Processo a Stefano Gennari, vuota.

Il Giornale è dunque cronistoria sì, ma di soli avvenimenti pubblici, e nemmeno di tutti.
Le stesse requisizioni che intaccavano pesantissimamente i patrimoni di Ottavia e della famiglia vengono citate sempre in modo generale, senza dettagliarne l'entità, che noi riusciamo a conoscere talvolta solo dai documenti ufficiali.

Un'altra sensazione che traspare dal diario è la consapevolezza dell'incertezza del futuro; come uno stato preagonico, un infinito " .
..aspettando Godot... ", una morte che non arriva mai.
Non v'era prospettiva di stabilità.
Le notizie ufficiali che venivano pubblicate non erano attendibili se non in minima parte.
Quelle che giungevano al di fuori della censura, con le lettere dei corrispondenti dei mercanti Todaro, Milana, Vicentini, amici di casa Velo-Negri, - che avevano relazioni un po' dovunque - erano spesso ancor meno credibili.
Ottavia capisce benissimo che la causa fondamentale di quell'instabilità risiedeva nella volontà dell'imperialismo inglese di ostacolare l'imperialismo napoleonico, e lo scrive più volte.
Durante le numerose paci che si susseguirono a partire dal 1797, durante i periodi del Regno Italico e dell'Impero, vi furono degli anni relativamente più tranquilli, ma incombevano minacciose le guerre fuori d'Italia, col pericolo che si estendessero da un momento all'altro, e che comunque esigevano ancora e sempre nuovi contributi di sostanze e di uomini.
La gente non poteva vivere tranquilla.
Ottavia riporta in continuazione questi stati d'animo. Fino alla noia.

 

 

 

***

 

Ottavia sconsolata scrive e scrive......

Ma v'è un'importante ragione che ci deve far riflettere quando siamo tediati dalle numerosissime e spesso noiosissime lamentazioni della sua cronaca: una motivazione che deve esser sempre presente innanzi a noi.

Mentre noi leggiamo le lagnanze di Ottavia nell'arco di un tempo ridottissimo, - il tempo di leggere un libro - quelle situazioni, che si ripetevano sempre, sempre le stesse, lei le visse e descrisse tutti i giorni, per oltre diciassette anni!
Come non ripetersi nel descriverle?


Tutti questi pensieri, non per pochi giorni, ma per diciassette anni di incertezza, nella quale erano valide tutte le ipotesi sul futuro. E di solito si avverava poi quella peggiore.


Una interrogazione conclusiva :


- che ruolo ha giocato

proprio il suo esser donna

nell'oblìo del "Giornale" per duecento anni?

 

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buona lettura... buona lettura...  buona lettura...

 

 

                               

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